Quale giubileo per Napoli?
di Domenico Pizzuti
Nella prassi dell’Antico Testamento l’anno giubilare veniva annunciato a suon di tromba, jobel appunto. Anche il Giubileo indetto dal card. Sepe per l’anno 2011 a Napoli, sulla falsariga di quello romano del 2000 di cui l’arcivescovo è stato segretario, ha avuto amplificazione mediatica ed un coro di adesione di rappresentanti di istituzioni e della società civile. E’ una chiamata a raccolta di rappresentanti delle istituzioni e degli attori della società civile, e ci auguriamo anche del popolo dei fedeli, per elaborare idee e proposte per la città come contributo al governo ed al rilancio della città che sembra languire e non riuscire a risorgere dall’immobilità che la ferma e frena. L’indizione dell’anno giubilare da parte dell’Arcivescovo di Napoli viene ad assumere di fronte alla avviluppata società napoletana il significato di contributo alla risoluzione simbolica (?) della crisi da parte di un leader religioso che si alza a parlare e chiama a raccolta, per le speranze che suscita. Anche se da un ventennio, dalla visita di Giovanni Paolo II a Napoli nel novembre 1990, si è parlato di “organizzare la speranza” dove l’accento cade sulla traduzione in speranze concrete di vita per la popolazione della città da parte delle istituzioni e dei soggetti sociali.
Non si può voltar pagina il giorno dopo l’annuncio aspettando che altri facciano qualcosa, e soprattutto bisogna - anche laicamente e con la dovuta relativizzazione storica di questa istituzione - trovare ispirazione nel significato religioso e sociale dell’anno giubilare secondo la pagina biblica. In particolare legge sabbatica, anche se non sembra sia stata mai osservata, comportava in una società rurale, oltre il maggese dei campi, una liberazione generale delle persone e dei beni, ritornando ognuno al suo clan e ritrovando ognuno il suo patrimonio. Infatti, in questo anno si specifica: <
Il richiamo alle opere di misericordia caravaggesche nel programma del Giubileo è sacrosanto sotto il profilo evocativo e motivazionale, ma va colmata la distanza tra soccorritore a cavallo e soggetto soccorso a terra per riconoscere effettivamente la sua dignità di persona e di cittadino soggetto di diritti e doveri in società moderna o post che sia, secondo Costituzione e legge, ed equità. In altre parole, per la nostra città vanno intraprese azioni per colmare la distanza sociale tra città alta e città bassa anche se talora convivono nello stesso palazzo, perché il giubileo non rimanga un discorso puramente mediatico anche per la società religiosa.
Bisogna prestare attenzione alle parole utilizzate per l’appeal mediatico, come ha fatto Gustavo Zagrelbeski nel suo recente lavoro <
È il Giubileo di una città da ri-governare per riportarla ad una normalità e vivibilità più alta con l’azione cooperativa, senza le montagne di rifiuti sotto casa e gli automezzi pubblici che non hanno orari, che procurano disagi e sollevano indignazione. Altrimenti che città è?
Napoli, 19 novembre 2010